giovedì 29 maggio 2014

Musica # 13 - Last Goodbye

"This is our last goodbye
I hate to feel the love between us die
But it's over
Just hear this and then i'll go
You gave me more to live for
More than you'll ever know"

 Last Goodbye - Jeff Buckley


Tra i miei 16 e 26 anni mi sono spesso trovato lontano da casa, per settimane o addirittura per mesi.
Ogni volta che ritornavo riuscivo ad intravedere i micro cambiamenti delle persone e delle cose che mi stavano attorno.

Essendo a Venezia le "cose" non cambiano come negli altri posti, ma le persone si, per quanto speciali i Veneziani invecchiano, si ammalano e muoiono, esattamente come tutte le altre persone, ad eccezione di Javier Zanetti e Doctor Who, che però mi dicono essere personaggi di fantasia.

Di ritorno da un'assenza piuttosto prolungata incrociai una mia vicina, una signora che conoscevo da sempre. Mi fermai per salutarla e le chiesi come stava il marito.
L'espressione del suo viso mi fece intuire che avevo appena calpestato una merda di cane XXL, indossando delle infradito, con la suola bassa.
La signora con la voce incrinata dall'emozione mi disse che il marito era morto qualche mese fa, evidentemente quando io ero all'estero, mi sentii piuttosto a disagio (metafora dell'infradito) e mi scusai.
Lei mi mise una mano sul petto, all'altezza del cuore, e mi disse una delle cose più tristi e commoventi che abbia mai sentito.
Mi guardò negli occhi e con un filo di voce sospirò: "Non ti preoccupare. Vorrei essere al tuo posto, nel tuo cuore mio marito ha vissuto 4 mesi di più." Feci un sorriso di circostanza e me ne andai, le infradito erano sparite ma al suo posto avevo un groppo in gola.

Molto tempo dopo passai davanti ad un'edicola e vidi la copertina di una rivista musicale con il bellissimo ritratto di un ragazzo, il suo nome e due date, 1966-1997.

Capii da quell'immagine che Jeff Buckley non c'era più. Era Luglio inoltrato, lessi dall'articolo che il suo corpo era stato restituito dalle acque del Mississippi poco dopo inizio Giugno, a 6 giorni dalla sua scomparsa.



Jeff Buckley si trovava a Memphis da qualche settimana, dove stava scrivendo del materiale nuovo, la sua band doveva arrivare in quei giorni per entrare in studio e finalmente registrare il seguito dell'incredibile primo album "Grace".

Nella mia testa il buon Jeff aveva passato anche quelle ultime 6 settimane tra piccoli pub, dove sicuramente aveva improvvisato qualche concerto, e lo studio di registrazione. In cuor mio, come era successo con il mio vicino, aveva continuato a vivere qualche settimana in più.

Aspettavo con ansia il suo nuovo lavoro, avevo letteralmente consumato il CD di "Grace" e anche quello di "Live at Sin-é", l'EP che la Sony-Columbia Records aveva fatto uscire come disco d'esordio e che io avevo recuperato nel frattempo.

Sarebbe stata questione di settimane, e avrei finalmente ascoltato il suo nuovo album. E invece no, invece il giovanotto aveva avuto la brillante idea di fare un bagno di notte, interamente vestito, nelle buie acque Wolf River, un affluente del Mississippi. Molti pensarono ad un suicidio involontario, ad un modo per liberarsi dalle pressioni di una casa discografica che già vedeva per lui un futuro costellato di successi e dischi d'oro. 

Nella nota scritta a mano che compare nel postumo "Sketches for My Sweetheart the Drunk ", fatto con il materiale che aveva registrato a Memphis, Jeff Buckley dice questo:
"I don't write my music for Sony, I write it for the people who are screaming down the road crying to a full-blast stereo. There is also music I'll make that will never-ever-ever be for sale. This is my music alone, this is my true home; from which all my life will spring untainted and unworried fully of my own body".

Jeff con la madre
Probabilmente tra la musica che Jeff non avrebbe mai voluto vendere c'è anche qualcuno dei brani che escono negli anni successivi la sua scomparsa.
In mancanza di moglie e figli, è la madre di Jeff Buckley che si occupa del suo lascito artistico, recupera con le buone o con le cattive le varie registrazioni Live, e fa  uscire un paio di CD decisamente discutibili dal punto di vista tecnico, ma dei piccoli tesori per tutti i suoi fan rimasti orfani, come me.

Ad un certo punto escono anche la versione dopata di  "Live at Sin-é" e di "Grace", con brani inediti e versioni alternative che, se le acque del Mississippi non avessero inghiottito Jeff, probabilmente non sarebbero mai state pubblicate.

Provate ad ascoltare "The Other Woman", oppure la versione live di "If You Knew" o la splendida cover di "Sweet Thing" di Van Morrison, per capire dove Jeff Buckley riesce a portarti, e pure quando canta in un Parsi (o pashtun) approssimativo "Yeh Jo Halka Halka Saroor Hai" la sua voce ti tocca il cuore.

Per anni ho rincorso qualsiasi autore che di volta in volta i critici avvicinavano a lui, come chi cerca nelle passanti lo sguardo dell'amata perduta per sempre, per poi accorgermi che era solamente un'illusione, e finire per riascoltare per l'ennesima volta "Grace".

Ma se la morte prematura di Jeff Buckley mi ha confermato che dio non c'é, o almeno un dio con un gusto musicale decente, ogni volta che lo sento cantare, mi viene il dubbio che forse gli angeli esistano per davvero.

Era oggi, il 29 Maggio, quando il Wolf River decise di tenere tutto per se, e per sempre, il talento di Jeff Buckley.
   

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