giovedì 21 agosto 2014

Musica # 19 - Musi-o-tunya

"Dr Livingstone, I presume?"

H.M. Stanley incontrando David Livingstone, 
10 Novembre 1871


Mia zia aveva una gatta soriana, "Perla", abitava nell'appartamento a fianco al mio, assieme a mia zia. Per capirsi erano coinquilini, la gatta e la zia. Come tutti i gatti era curiosa, e ogni tanto approfittando del fatto che le porte dei due appartamenti erano aperte, mi faceva vista, la gatta intendo, ma anche la zia.

Arrivava tranquilla e se ne stava zitta, intendo sempre la gatta, non la zia, lei invece parlava. Tutto sommato non mi dava fastidio, faceva un paio di giri, controllava che tutto fosse a posto e se ne tornava a casa sua, sto sempre parlando della gatta. Facciamo così, per evitare confusioni tutto quello che scrivo in questo post si riferisce alla gatta.

Ogni mese, ma in rare occasioni anche ogni 2 settimane, facevo visita (io da solo, non con la gatta e nemmeno con la zia) al mini negozio di dischi che da poco aveva aperto vicino a casa mia, specializzato in Reggae (indovinato, ha chiuso da anni e adesso c'è un'agenzia immobiliare, da rendere il tuo spirito libero con la poesia di Jah a legarti ad un mutuo MacLeod il passo è stato breve).


Compravo dischi quasi a caso, riuscivo a recuperare qualche informazione in giro, ma sostanzialmente andavo li, mi facevo ispirare dai nomi e dalle copertine e spendevo le mie 15.000 lire.
Jah mi proteggeva, alla fine devo aver preso giusto un paio di "bidoni", avesse avuto la mia guida spirituale Moratti nel calcio mercato dell'Inter, altro che una "triplete" in vent'anni di presidenza.

Da poco avevo comperato Musi-o-tunya dei Misty in Roots, una band Inglese che conoscevo solamente di nome e non avevo mai ascoltato prima, ma quel disco  mi ispirava.

La copertina disegnata da Hilary Paynter

Arrivato a casa me lo ascoltai un paio di volte di seguito, fronte e retro, "roots" allo stato puro, il nome del gruppo non mentiva. 
Il basso usciva dalle casse creando una specie di ragnatela sonora, che mi intrappolava, senza che io facessi troppa resistenza. 
La voce di Delvin Tyson, meno potente e meno carismatica di quella di Burning Spear, cantava di queste cascate magnifiche, tra lo Zambia e lo Zimbabwe.
I Misty in Roots erano la band politicamente più impegnata del reggae UK, meno esplosivi degli Steel Pulse e meno famosi degli Aswad, ma forse i più coerenti. Ad inizio anni '80 si erano trasferiti in Zimbabwe, rimanendoci per quasi un anno, le otto canzoni di "Musi-o-tunya" erano il frutto di quel periodo.
Otto quadri di un Africa non solamente idealizzata, ma anche vissuta, un gran bel disco insomma, anche questa volta Jah mi aveva guidato bene.

Quelle cascate, (le Victoria's falls che tutti da quelle parti chiamano
Musi-o-tunya, Il Fumo che Tuona) che i Misty in Roots aveva inserito nella copertina mi colpirono. Cercai nella vecchia enciclopedia sugli animali che avevo un'immagine delle Cascate di Vittoria, e anche a vederle piccole, da lontano facevano una certa impressione.
 
Nel 2000, l'agenzia di viaggi per la quale lavoravo mi offrì di partecipare ad un Educational/Premio in Africa, un tour di un paio di settimane tra Zambia, Zimbabwe e Botswana, più o meno nell'area attorno cascate di Vittoria.

Sullo sfondo, Musi-o-tunya, da notare
l'immagine di Shaft sulla t-shirt
Non ci potevo credere, dopo aver ascoltato centinaia di volte "Zimbabwe" di Bob Marley e "Musi-o-tunya", sarei davvero andato in Africa.

Incontrai il mio collega/amico Luca all'aeroporto di Johannesburg, poi, con un volo interno, arrivammo a Victoria Falls.
Dall'alto la pista dell'aeroporto non si distingueva dall'aerea tutta attorno, la stagione secca era al suo culmine, e tutta la vegetazione della zona ne portava i segni. L'aereo comunque atterrò senza troppo affanno sulla pista di terra battuta.

Ritirati i bagagli e ottenuto il visto finalmente calpestai la Terra d'Africa, riuscii a resistere alla tentazione di inginocchiarmi e baciare il terreno, come Cristoforo Colombo sbarcato a Santo Domingo, pensai che i fieri Zimbabwani non avrebbe capito il gesto.

Faceva caldo, il sole cadeva perpendicolare sulle nostre teste, e le poche piante piegate dalla siccità faceva del giallo il colore dominante del paesaggio.

L'albergo in cui arrivammo era il più antico della zona, costruito attorno alla fine del 800, lo spirito del glorioso passato coloniale aleggiava nelle stanze, come il fumo delle sigarette nei cinema degli anni '70. 
Posati i bagagli uscimmo a fare un giro, delle scimmie e delle manguste si aggiravano per la strada, a coppie o in piccoli gruppi, con la stessa tranquillità dei piccioni in Piazza San Marco.

Faceva davvero caldo, sembrava che l'erba potesse incendiarsi per autocombustione in qualsiasi istante, ad un certo punto vidi da lontano del fumo, nessuno sembrava curarsene, tesi l'orecchio in quella direzione e lo sentii, nitido, il tuono simile ad un ruggito delle Cascate di Vittoria, Musi-o-tunya.

Quando finalmente mi ci trovai di fronte provai ad immaginare come poteva aver reagito il dottor David Livingstone, il primo europeo a vederle, davanti a tale meraviglia. La stagione secca aveva ridotto l'acqua di quasi la metà, ma ciò nonostante erano uno spettacolo che ti toglieva il fiato.
I Misty in Roots avevano attinto a quelle cascate larghe un chilometro per creare un capolavoro, Musi-o-tunya. 

Mentre ascoltavo quel disco per la prima volta, non potevo certo sperare di trovarmi un giorno davanti allo Zambesi, ma niente mi impediva di sognarlo.
Per il primo mese lo misi sul giradischi almeno un paio di volte a settimana.
Un giorno stavo cucinando accompagnato dal roots reggae della band inglese quando sentii un rumore agghiacciante, che nessun proprietario di un vinile vorrebbe mai sentire.

Corsi in cameretta mia, e Perla, la gatta soriana di mia zia, stava facendo scratching sul lato A del LP, mini trucioli di vinile venivano lanciati in aria dal piatto che girava. Feci un urlo che staccò i poster dal muro, ma la gatta non si scompose nemmeno, mi guardò come solamente un gatto può fare e uscì con calma dalla stanza.

Da quella volta non sono più riuscito ad ascoltare il lato A di quel disco, dicono che non sia male. I presume.


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