domenica 19 ottobre 2014

Libri # 2 - Watchmen

Laurie Juspeczyk: Is that what you are? The most powerful thing in the universe and you're just a puppet following a script?



Doctor Manhattan: We're all puppets, Laurie. I'm just a puppet who can see the strings. 

Watchmen - Alan Moore


7:36 non è un versetto della Bibbia, è l'orario del Vaporetto (la versione veneziana dell'autobus) che durante i 5 anni delle scuole superiori ho preso ogni mattina.
Salivo a Cà d'oro, ad aspettarmi a bordo c'erano già un paio di compagni, altri si aggiungevano alla fermata successiva, quella di Rialto. 


Scendevamo alla fermata dell'Accademia e poi in 5 minuti si arrivava in classe. 

L'ultimo anno iniziai ad usare sempre meno il vaporetto, facevo la strada a piedi, quasi mezz'ora, salivo il ponte dell'Accademia senza affanno, come un buon mezzofondista.



Ponte dell'Accademia, lato Dorsoduro

Non mi ricordo quando iniziò, ma ad un certo punto mi accorsi di una ragazza, la incrociavo quasi ogni mattina, era la cosa più bella della giornata, aveva uno sguardo dolce, un viso di una grazia preraffaelita. Per qualche strano motivo la vedevo solamente li sopra, mai prima o mai dopo, e soprattutto mai durante la giornata. Dopo un po' si accorse di me, probabilmente la bava che perdevo dalla bocca ad ogni incontro aveva attirato la sua attenzione. Quello era ormai diventato un appuntamento fisso, e in cuor mio ero sicuro che anche lei, magari con meno trepidazione, aspettasse quel momento. Prima o poi avrei rotto gli indugi, ormai era questione di giorni e l'avrei fermata.
Ad un certo punto però scomparve, non mi ricordo il giorno preciso, era la fine dell'anno scolastico e mi accorsi della sua assenza, aspettai fiducioso qualche settimana, arrivarono gli esami di fine anno e l'estate, ma non la rividi più.

Se potessi scegliere, quale supereroe vorrei essere? Tutti se lo chiedono, forse di più i maschiettii che le femminucce, ma questa è una domanda che ogni pre-adolescente (ma anche qualche post-adolescente) ad un certo punto si pone.
I supereroi che conosciamo sono figli della cultura USA, pur venendo da molto più vicino. Anche con i pochi micron di sapere che mi ritrovo, riconosco tracce della cultura mediterranea nell’universo Marvel. A partire da quella ebraica (non a caso i padri della Marvel sono due signori chiamati Stanley Martin Lieber / Stan Lee e Jacob Kurtzberg / Jack Kirby), come ad esempio Silver Surfer, che ricorda la figura dell’ebreo errante.
Come gli eroi delle tragedie greche, anche i supereroi Marvel si trovano sempre ad affrontare situazioni incredibili, straordinarie, dove il corpo è un’armatura luccicante e non è mai alle prese con il quotidiano dell’uomo comune.
Voglio dire, avete presente “The Thing”, cioè La Cosa dei Fantastici Quattro, quel mostro di pietra in grado di sradicare grattacieli dalle strade? Non so voi, ma io mi sono sempre chiesto cosa può produrre quel suo intestino di roccia, che razza di dolmen può mai creare nelle sue sessioni mattutine nel WC.
E l’Uomo Ragno? Cosa gli potrà uscire dal naso quando Peter Parker si trova a letto alle prese con la classica influenza invernale? E tornando ai Fantastici Quattro, siamo poi così sicuri che Mr. Fantastic, aka Richard Reeds, capace di allungare ogni parte del suo corpo, qualche trucchetto a letto per fare contenta la moglie non l’abbia mai usato?

Il primo supereroe che si rispetti è Superman, così per non sbagliarsi già si cala l'asso. Superman fa praticamente tutto quello che un comune mortale vorrebbe fare, ha una forza smisurata, corre velocissimo, addirittura vola, ha la vista a raggi X , il soffio congelante (!?) ed ha pure il ciuffo.

Poi arrivano gli altri, quelli che si arrampicano sui muri (se voli, che cazzo te ne fai), quelli che quando s’incazzano diventano fortissimi e verdi (pure qui, resti tranquillo, non diverti verde e sei forte uguale), ognuno di questi ha un potere speciale, un punto di forza, ma alla fine Superman è sempre stata la mia prima scelta.
Almeno fino all’arrivo di Watchmen, la più grande graphic novel di sempre, il punto di non ritorno del mondo dei fumetti, il passaggio definitivo dall’adolescenza all’età adulta.
Ambientato a fine anni ’80 in un mondo simile al nostro, Watchmen ha una narrazione piuttosto complessa, dove si intrecciano diverse sotto-storie, che partono da lontano, nel tempo e nello spazio, per creare un racconto corale potente.
Watchmen rappresenta la fine del supereroe così come l’avevamo immaginato, nel libro ci troviamo davanti a due generazioni di supereroi, la prima (vigilantes dopati più che uomini con super poteri) invecchiata e dimenticata, che vive nei ricordi nei pochi superstiti, la seconda, messa fuori legge dal parlamento Americano, formata da psicopatici che non si sono arresi (Rorschach), da benestanti annoiati (Nite Owl), da geniali ricchi megalomani (Ozymandias) e ovviamente dal Doctor Manhattan, arruolato ed integrato nel sistema governativo, l’arma segreta che ha reso gli USA la vera superpotenza di quel mondo.
Doctor Manhattan, capace di muoversi nello spazio e nel tempo (anche se in realtà “nel tempo” ci vive), in grado di spostare oggetti e persone, di ingrandirsi, di sdoppiarsi, di domare qualsiasi materia, con un QI nemmeno misurabile, è lui il mio supereroe. Ma nemmeno lui è onnipotente, come Alan Moore mostra in uno dei suoi dialoghi più memorabili, quando gli fa ammettere di essere nient’altro che una marionetta come tutti gli altrii, con la differenza che almeno lui vede i fili.

Doctor Manhattan sulla superficie di Marte

Nel corso della storia Doctor Manhattan si allontana sempre di più dalla terra e dagli uomini, finché decide di andarsene, per creare un mondo tutto suo.
Ecco, se proprio devo puntare in alto vorrei essere lui, il look è simile (giusto la pelle un po’ più blu), il mio QI è abbastanza altino, sul resto ci possiamo lavorare.
Ma se dovessi andare al ribasso mi accontenterei di un semplice, unico potere, che credo nessun supereroe abbia mai avuto, vorrei avere la capacità di sapere quando è l’ultima volta che “qualcosa” accade mentre la sto vivendo.
Cioè capire quando un gesto o una situazione apparentemente normale non si ripeterà più, per pemettermi di viverla meglio. Avrei voluto capire che quella sarebbe stata l’ultima volta al cinema con mio padre, che dopo quella carezza, mia madre non me ne avrebbe date più, capire che quella con Mourinho sarebbe stata l'ultima Champion's vinta dall'Inter (a dire il vero, per questo non serve un superpotere).
Avrei voluto sapere che quella mattina di Maggio, sul ponte dell’Accademia, sarebbe stata l’ultima volta che avrei incrociato quella ragazza. Sicuramente la mia vita sarebbe stata diversa.

Almeno adesso saprei il suo nome.


Nessun commento:

Posta un commento